ALESSANDRO: Scrittore

"Potrebbe fare di più"

 

La frase "potrebbe fare di più" mi perseguita da sempre. Quando ero piccolo me la prendevo  a male, ma crescendo l'ho presa come un complimento, perchè potrei davvero fare molto di più, ora che ne sono consapevole.

 

La mia dislessia non è mai stata certificata, però ne ho diversi sintomi.

 

Le scuole elementari per me sono state un inferno. Svogliato e distratto, vittima di un maestro, maschio in un mondo di donne, che a detta di mia madre mi trattava malissimo, come se avessi delle limitazioni mentali (e se queste lo autorizzassero a trattarmi male). Purtroppo non ero stimolato nel modo giusto: l'ho scoperto nel 1999 quando ho effettuato un test di intelligenza, non solo sono uguale agli altri ma sono molto più intelligente, il mio Q.I. lo ha una persona ogni ottocento. Però il maestro in questione continuò a trattarmi male e a mortificarmi, annientando la mia fiducia in me stesso. Ovviamente la sedia mi bruciava sotto al sedere, fare i compiti era un incubo. Leggevo una pagina e dovevo ricominciare da capo. Rileggevo e ancora non riuscivo a ripetere quasi nulla. La lavagna è sempre stata un incubo, soprattutto per la mia calligrafia disordinata e poco leggibile. In classe cercavo di stare attento, forse però era una mia illusione perchè poi non ricordavo granchè. In qualche modo però sono sopravvissuto. Tante frustrazioni, nel guardare gli altri che ce la facevano con meno fatica, ma ce l'ho fatta.

 

Arrivo alle medie. La prima pagella, giudizio della prof di italiano "darei metà dello stipendio per sapere a che pensa". Ero fuori dalla classe, perso tra le foglie degli alberi e gli uccellini del parco. I compiti a casa erano sempre un incubo, malgrado l'impegno di mia madre e le sgridate di mio padre. Imparare a memoria le poesie era una cosa da Inquisizione, e comunque ogni volta era un terno al lotto perchè non sapevo se le avrei davvero ricordate. La scarsa autostima mi portò a essere spesso preda dei bulli, ma in qualche modo superai anche le medie. I rapporti sociali erano difficili coi maschi, ma con le femmine andavano a gonfie vele. Peccato che con mio padre fossimo due pianeti che non si incontravano mai, e quindi mi toccò studiarle da zero, come in un documentario di animali esotici.

 

Vengo iscritto al liceo scientifico, senza esserne convinto, e infatti è un bagno di sangue. Con le mie difficoltà a studiare e a memorizzare, era una missione impossibile. Poi passo a Ragioneria e avviene il miracolo. E' il percorso di studio che hanno seguito entrambi i miei genitori, e forse per questo mi impegno al massimo. Credendoci, comincio a capire i meccanismi mentali giusti. Nel giro di pochi mesi divento il primo della classe in matematica, poi finalmente metto a frutto le mie letture e divento bravissimo in italiano scritto, anche se vado spesso fuori tema perchè non mi ricordo la storia che sto raccontando. I libri! La narrativa è sempre stata una sfida tragicomica. Dimentico i libri che leggo e le loro storie, addirittura mi capita di dimenticare quello che è accaduto all'inizio del libro che sto leggendo. E' bello perchè ci sono più colpi di scena!

 

Finalmente trovo un metodo di studio, con gli evidenziatori. Va appena meglio, ma ci sono nuovi problemi di autostima. Continuo a scrivere male, ma non mi scoraggio e passo a usare lo stampatello, che mi permette di mantenere leggibilità e velocità insieme. Il silenzio era un incubo e una fonte di distrazione, quindi mettevo una musica rock di sottofondo che facesse soprattutto rumore e mi estraniasse dalle distrazioni.

 

Come detto, nel 1999 faccio quel test. Lavoro già da molti anni e ho capito che ho ottime doti. Quado passo quel test, decido che posso farcela anche con la scrittura creativa, anche se dimentico a che punto sono arrivato. E' faticoso, perchè devo rileggere continuamente quello che scrivo, ma alla fine termino sette romanzi e capisco che è la cosa più divertente del mondo.

 

Un episodio? Ce ne sono tanti. Le volte in cui mi distraevo e mi distraggo mentre la gente mi parla, anche se il discorso mi interessa moltissimo: forse ha un nome diverso da dislessia, ma non ho idea di quale sia. Le volte in cui facevo scena muta alle interrogazioni, pur avendo studiato come un pazzo. I blocchi durante i primi discorsi in pubblico al lavoro. Poi ho imparato a farmi una scaletta, e mi basta darle un'occhiata per non fermarmi quasi mai.

 

Adesso sono padre di due figli, e insegno loro a non arrendersi mai e a non sentirsi meno di nessuno. Ce la possono fare, basta crederlo!