In una scuola montessoriana l’apprendimento è considerato il frutto della libera attività dell’allievo. L’allievo apprende impegnandosi in una attività che ha lui stesso scelto, in cui è coinvolto per una personale spinta o interesse, in cui si manifesta, pertanto, per ciò che è: un essere libero e intenzionale.
In questo modo, il sapere è una conquista e un traguardo personale, è alleato e compagno della vita, è il modo stesso in cui si sviluppa la personalità.
L’”altra scuola” – quella che Maria Montessori rigettò a seguito delle sue osservazioni scientifiche, ma che in vario modo e misura, nei diversi gradi dell’istruzione, è ancora il modello di scuola dominante e universalmente diffuso – è la scuola delle schiere di banchi, in cui il bravo allievo siede immobile e silente per ore, di fronte al rapido avvicendarsi di insegnanti, che espongono i contenuti da apprendere, codificati in discipline, secondo un ordine prestabilito.
In questo modo, il sapere è – nella migliore delle ipotesi – acquisito per qualcun altro (il genitore, l’insegnante?) e per qualcos’altro (il voto?), non per se stessi e in se stesso; più spesso, è avvertito come una costrizione. È un sapere senza “senso”, che in nulla modifica la vita dell’allievo, e che verrà presto dimenticato.
Questa scuola – che, ripetiamo, è la scuola ancora oggi dominante, soprattutto a livello di istruzione secondaria – è, insomma, la scuola di cui gli allievi non possono essere contenti, se non quando finisce. La ragione è evidente: è una scuola basata sulla sistematica negazione della libertà personale dell’allievo, della sua natura di essere umano cosciente e spontaneo. Con quali conseguenze sul suo futuro di adulto autonomo e responsabile, di cittadino consapevole e attivo? Con quali conseguenze sui risultati di apprendimento, in un’epoca in cui i modelli di relazione interpersonale e di apprendimento diffuso nelle pratiche sociali, sono sempre più distanti dal principio di autorità e di trasmissione, sicché il contrasto tra scuola e società si profila in modo ancor più stridente che al tempo in cui Maria Montessori conduceva le sue osservazioni?
Non c’è scuola che non dichiari nel Piano dell’Offerta Formativa di assumersi il compito di educare alla libertà e alla responsabilità, di voler sviluppare l’autonomia e la consapevolezza degli allievi e che non lasci al contempo invariato l’impianto fondamentale della scuola tradizionale, invariate le aule e i banchi, invariato il ruolo degli insegnanti, invariato il curriculum per classi di età e per discipline. E non c’è scuola che, oramai da troppo tempo, continui a dichiarare le proprie nobili finalità a dispetto dell’inadeguatezza dei risultati conseguiti, in termini sia di istruzione che di educazione.
In realtà è possibile educare alla libertà solo nella libertà, è possibile educare all’autonomia e alla responsabilità solo attraverso la pratica dell’autonomia e della responsabilità.
In una scuola montessoriana l’apprendimento è basato sull’esperienza. La percezione, l’osservazione e l’esplorazione attraverso i cinque sensi - e l’attenzione portata sui sensi stessi, la montessoriana “educazione dei sensi” – il lavoro della mano (manipolazione) e il lavoro manuale, il movimento del corpo (l’”educazione dei movimenti”), la “vita pratica”, il “contatto con la natura”, il godimento estetico: è l’esperienza nelle sue molteplici dimensioni. L’esperienza mostra e dimostra, convalida e smentisce, attesta e testimonia, crea coscienza, forma il carattere.
Essa, nella scuola montessoriana, è tutta ricompresa e costituisce l’aspetto fondamentale e integrato, su cui la cognizione si incardina e sviluppa. Cognizione che non è allora solo un sapere cose o sulle cose, ma un raffinamento generale delle facoltà percettive e intellettive dell’uomo, che lo rende un essere capace di attenzione, concentrazione e distinzione, un essere intelligente e cosciente.
Nell’”altra” scuola la cognizione rischia, nonostante gli sforzi degli insegnanti più preparati e vocazionalmente impegnati, di degradare in esercizio meccanico di memorizzazione e ripetizione. Il lato oscuro non è tanto la memorizzazione e la ripetizione – aspetti eventualmente intrinseci al processo di apprendimento – ma il carattere meccanico dell’apprendimento, per cui il sapere diviene dogmatico e acritico; anche – e forse, paradossalmente, ancor più – il sapere scientifico. Ciò per il fatto che è un sapere “trasmesso”, e la trasmissione, contrariamente all’esperienza, impone e dispone.
In una scuola montessoriana il tempo e il modo dell’apprendimento sono il tempo e il modo del soggetto che apprende. Ciò consente un alto grado di individualizzazione e personalizzazione dell’apprendimento.
L’”altra” scuola, com’è noto, è basata più sul “programma” che sull’apprendimento dell’allievo, per cui gli insegnati continuano a credere di essere valutati su quanto hanno “spiegato” più che su quanto i loro allievi hanno effettivamente appreso. Nella prassi, il programma è pre-fissato, i risultati di apprendimento sono pre-determinati, per l’intero gruppo–classe e per le stesse classi di età, e rappresentano i traguardi che tutti devono raggiungere più o meno negli stessi tempi, in quanto, nell’ordinario contesto scolastico, risulta impraticabile una preventiva analisi del pregresso individuale in termini di vissuto scolastico ed extrascolastico, e dei bisogni e delle tendenze che in ciascun allievo si rivelano. In tale contesto, il massimo di individualizzazione possibile è costituito dalle note attività di “recupero” di chi è rimasto, per varie ragioni, “indietro”, tentativi spesso generosi quanto infruttuosi.
In una scuola montessoriana l’approccio all’apprendimento è olistico; per questo l’allievo è portato “fuori” ed è portato “via” verso se stesso, è “e-ducato”. È olistico, ossia integrale o sistemico, perché non separa la mano dal cervello, la cultura dalla natura, la storia dalla scienza, la scuola dalla società, il sapere dal vivere. Dall’”educazione dei sensi” all’”educazione cosmica” è un continuum volto all’integrazione e al perfezionamento.
L’”altra” scuola tende, suo malgrado, a privilegiare e a valorizzare l’intelligenza “verbale”, che è solo un aspetto, seppure importante, dell’intelligenza umana,e in ciò a svolgere una funzione più selettiva che inclusiva, non solo delle differenze individuali ma anche di quelle sociali, rischiando, suo malgrado, di perpetuare lo svantaggio sociale.
Il metodo
Come la scuola montessoriana mantiene ciò che promette? Come essa dà attuazione ai principi della libertà, dell’esperienzialità, della personalizzazione e dell’olismo?
Il cosiddetto “metodo Montessori” è il “metodo dell’osservazione” e del far seguire, all’osservazione e alla ricerca, l’azione, giungendo a modificare anche profondamente l’impianto della scuola tradizionale e così rendendo effettivamente perseguibili le finalità che essa dichiara. Di tale rinnovato impianto sono elementi essenziali:
la predisposizione dell’ambiente: in primo luogo, in modo che sia accogliente, pertanto, almeno, a misura di bambino, cioè in grado di consentire al bambino di sviluppare autonomia nell’effettuare tutte le operazioni necessarie al soddisfacimento dei suoi bisogni e interessi; possibilmente bello, in modo che sia attraente cioè che stimoli il bambino all’azione, ma al tempo stesso alla percezione dell’equilibrio, dell’armonia, delle corrispondenze e della proporzione, cioè alla percezione del senso; e infine funzionale, ossia tale che in esso il bambino incontri materiali e attività tali da intercettare il suo interesse, cioè tali da corrispondere al suo bisogno di sviluppo; si tratta dei noti materiai di sviluppo con cui viene spesso identificata l’essenza stessa del metodo montessoriano, materiali che sono stati selezionati attraverso una scrupolosa e prolungata osservazione empirica, in modo da soddisfare al duplice requisito di essere “interessanti” o “attraenti” per il bambino, ossia tali da suscitare attenzione, concentrazione e ripetizione, e tali, al tempo tesso, da favorire il suo apprendimento. In ultima istanza, i materiali sono stati sperimentati e selezionati proprio per favorire la libera scelta e l’attività spontanea. Si tratta di materiali di sviluppo utilizzati nelle scuole che applicano il metodo Montessori in tutto il mondo, testati e comprovati nella loro validità dalle più recenti ricerche scientifiche, ma che possono, in virtù dei principi guida che li hanno ispirati, essere ulteriormente sviluppati;
il ruolo dell’insegnante: l’insegnante ha un ruolo delicato e complesso, che richiede una lunga applicazione e una trasformazione interiore. L’insegnante deve preparare l’ambiente, e deve osservare con attenzione e rispetto e, al tempo stesso, rigore scientifico, l’interazione del bambino con l’ambiente, in modo da incoraggiare e guidare il bambino nel suo sviluppo e da adattare l’ambiente ai bisogni del bambino;
l’autocorrezione: materiali e attività in cui il bambino è impegnato sono tali da rendere possibile la correzione dell’errore da parte del bambino stesso; in tal modo, l’errore non è considerato e vissuto come “vergogna” o “fallimento”; esso, posto in essenziale connessione con l’autocorrezione, rappresenta invece il momento privilegiato in cui si attua un apprendimento che è conquista personale e non obbedienza al maestro;
l’assenza di premi e castighi esterni: essi si rivelano inutili quando il bambino apprende svolgendo un’attività che incontra il suo interesse o intercetta i suoi bisogni, in particolare, il profondo bisogno di sviluppo che lo anima; ma premi e castighi possono addirittura avere effetti nocivi, in quanto inducono a un rapporto estrinseco con l’apprendimento, che diviene strumento per altro, vuoi il premio da conseguire o il castigo da evitare; per questo l’insegnante, nella scuola montessoriana, non dà voti, ma osserva e valuta costantemente l’attività dell’allievo, per garantire ai suoi sforzi, di volta in volta, il miglior esito possibile; per promuovere e indirizzare, momento per momento, il suo sviluppo.
I risultati
I risultati del “metodo” sono documentati da una pratica ormai secolare (la prima “Casa dei bambini” fu inaugurata nel 1907) e fino ad oggi confermati dalla ricerca scientifica, tanto che esso riceve istituzionale riconoscimento da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e può essere applicato nelle scuole statali.
È un “metodo” che ha come risultato un apprendimento ricco di “senso”, in quanto ancorato a un interesse, elaborato dall’esperienza e situato in un contesto; un apprendimento che si radica nella personalità dell’allievo, consolidandola e perfezionandola.
Essendo attivamente coinvolto nel processo di apprendimento, l’allievo non solo impara, ma impara ad imparare, e conserva il desiderio di conoscere e il piacere di scoprire.
L’allievo, lasciato libero e reso con ciò responsabile delle sue azioni, sviluppa capacità di autonomia e senso di responsabilità e conquista così una libertà più “alta”, che non è fare ciò che si vuole, ma autodeterminarsi in modo competente e responsabile in rapporto all’ambiente e agli altri.
La scoperta del bambino
In verità, non si tratta del metodo di Maria Montessori, ma del metodo del bambino stesso, che l’osservazione scientifica di Maria Montessori ha scoperto e che ella ha inteso come “una via da percorrere insieme ai bambini”. Alla base del metodo v’è la scoperta di un bambino nuovo, un essere potenziale, animato da una spontanea tendenza a fare esperienza e a formare se stesso, teso alla padronanza e al perfezionamento di sé. È il bambino che all’adulto chiede: “aiutami a fare da solo!”.
Nasce una nuova visione dell’educazione, non più intesa come processo fondato sulla volontà del maestro, il quale dà forma all’allievo, materia inerte o addirittura “resistente”, ma come processo fondato sulla volontà dell’allievo stesso, il quale rivela in sé una spinta verso la formazione di sé. Donde il richiamo a un profondo quanto necessario atto di fiducia dell’adulto nei confronti del bambino, “padre dell’uomo”.
Non si vuole creare una contrapposizione tra la “scuola montessoriana” e “l’altra scuola”, poiché la contrapposizione esiste solo in parte e, se esiste, è solo in parte voluta. Di fronte all’irriducibile problematicità dell’educazione e della formazione umana, nessun metodo può dirsi risolutivo o esaustivo. È vero che molte delle intuizioni e delle scoperte di Maria Montessori sono diventate pane quotidiano del fare scuola. Ma ci sono buone ragioni e chiare evidenze per affermare che è proprio l’”essenziale” a non essere passato.
Sempre più cresce – non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche presso la più vasta opinione pubblica – la consapevolezza della necessità di un profondo rinnovamento del fare scuola, per porsi all’altezza delle sfide e delle trasformazioni che investono la contemporaneità. La pedagogia montessoriana, riscoperta nell’insieme delle opere dell’Autrice, costituisce una ricca fonte di stimoli, sorprendentemente attuali.
Fonte: montessoriasesto.wordpress.com/perche-scegliere-una-scuola-montessori-2/
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